Siamo lieto di chiudere un anno così intenso e ricco, per la trasmissione come per il blog, con un personaggio molto speciale della musica folk italiana, ma non solo.
Alfio Antico è infatti senza dubbio il più grande tamburellista a cornice al mondo, la cui tecnica ed i cui movimenti sono materiale di studio da decenni per chi si accosta a questo strumento.
Vissuto fino ai 18 anni come pastore nella sua Lentini, appassionato di musica, iniziò fin da piccolo a costruirsi i primi tamburelli. La leggenda racconta che fu scoperto una sera in Piazza della Signoria a Firenze da Eugenio Bennato, per poi lavorare con i suoi Musicanova, e collaborare con una lunga schiera di grandi artisti, da Dalla a De Andrè, da Capossela alla Consoli, da Sollima ad Albertazzi.
Questo nuovo album, Antico, in uscita l'8 gennaio prossimo per Origine Rec, segna una netta svolta, allontanandosi dai territori più tradizionali del folk e della musica popolare, a favore di un percorso di ricerca particolarmente variegato ed affascinante.
La nuova rotta è sicuramente segnata dalla scelta della produzione, affidata a Lorenzo Urciullo, aka Colapesce, e Mario Conte, che presentano così il lavoro fatto.
"Viene meno lo stilema classico della musica popolare. Via gli orpelli e i ghirigori barocchi che sono da sempre stati il fulcro centrale dei suoi precedenti lavori. La produzione, infatti è stata costruita e plasmata attorno ai due elementi unici e fondamentali: Il tamburo e la voce di Alfio Antico. L'approccio alle tracce, spesso di carattere improvvisativo, è stato quello di incidere le performance di Alfio come delle composizioni istantanee, senza delle vere barriere strutturali.
Nel tentativo di catturare anche le minime sfumature emozionali prima che musicali, invece del classico studio di registrazione abbiamo optato per uno studio mobile e l’intero lavoro è stato registrato a Gangi, in una casa-agriturismo di campagna di uno storico amico di Alfio. Questi dettagli non sono da poco, perché crediamo molto che l’ambiente in cui vengono registrati i dischi siano parte fondamentale dell’aspetto artistico e creativo. La possibilità di restare per venti giorni immersi nella natura, circondati dagli animali, che per altro hanno avuto parte attiva in questo disco sia strumenti musicali che come involontarie guest star, ci ha permesso di stabilire un ottimo equilibrio e tensione emotiva in fase di ripresa. Per esempio in “Picchì”, registrata tutta negli esterni della casa, sul finale del brano c’è un rientro di un asino che raglia che con grande gioia abbiamo lasciato anche in fase di mix.
Nelle intenzioni di produzione abbiamo cercato di partire dalla matrice pura e arcaica della performance tamburo/voce di Alfio per poi rielaborare il materiale con arrangiamenti minimali per chitarra e sintetizzatore, talvolta strutturando dei brani più vicini alla forma canzone, talvolta destrutturando le performance di Alfio. La volontà è stata quella di creare una musica popolare moderna, che non ammiccasse ai cliché anni 2000 di tanta world music, e che non fosse cristallizzata esclusivamente all'interno di un immaginario popolare.
L'atmosfera ancestrale, il dialetto stretto, i suoni distorti, le unghie di capra, i synth, gli stomp-box e i tamburi, tutto si è fuso per dar vita ad un disco istintivo, animalesco e poetico, dove la tradizione e l'antico, l'amore e il rispetto per la natura si confrontano con la propria nemesi."
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