Per la venticinquesima puntata della ventisettesima stagione avremo un solo ospite, e potremo quindi dare molto spazio a tante altre uscite, fra le innumerevoli novità interessanti di queste settimane. Ascolteremo e parleremo di Diodato, Estra, Supremo 73, Kento & Ted Bee, Willie Peyote, Olden, Von Datty, Manitoba feat. Edda, Sandri, John Qualcosa e Nuovo Disordine Mondiale.
Venendo all'ospite, daremo il bentornato ad un grande cantautore che abbiamo già ospitato più volte, sia in trasmissione che in concerto a Lussemburgo.
Venendo all'ospite, daremo il bentornato ad un grande cantautore che abbiamo già ospitato più volte, sia in trasmissione che in concerto a Lussemburgo.
Sono passati già cinque anni dall’ultima volta che abbiamo avuto il piacere di accogliere Cesare Basile, per il suo precedente lavoro, Cummeddia, che aveva chiuso una serie di quattro dischi in sei anni, dopo i celebrati Cesare Basile e Tu prenditi l’amore che vuoi e non chiederlo più (entrambi vincitori della Targa Tenco come migliore album in dialetto) e U fujutu su nesci chi fa?
A un trentennio esatto dal suo esordio da solista, lo scorso 3 maggio ha pubblicato per Viceversa Records (in vinile e digitale, con distribuzione Audioglobe) il suo album più scuro e sperimentale di sempre, che presenta così: "Saracena è canzone d'esilio e spartenza. Canzone di separazione dall’infanzia, dai luoghi, dalla lingua. Canzone di pietre e nomi nascosti, terra calpestata dalle armate degli invasori, case abbandonate, rabbia che esplode il cuore e la carne. Una lunga canzone scritta e registrata di getto nell'arco di due settimane masticando le parole del poeta palestinese Mahmoud Darwish, quelle degli arabi di Sicilia condannati alla nostalgia come Abd al-Jabbar Ibn Hamdis, i versi di Santo Calì, le strofe popolari dell’abbandono di un’isola saracena negli intervalli delle melodie dei suoi Cantaturi. Questi semi pestati insieme nel mortaio della Nakba per raccontare il dolore degli ulivi di Palestina."
Un lavoro costituito da otto parti, sei pezzi cantati e due strumentali, ma scaturito e da fruire e possibilmente abitare come un flusso unico, composto ed inciso come detto in appena due settimane. Potremmo definirlo un instant concept album, nel quale come sempre le liriche di Cesare non mancano di far sentire forte e chiare la sua voce. Il tema è quello dell’esodo, ed i protagonisti sono come è solito fare i perdenti, gli esclusi: "In un momento in cui agli artisti si chiede solo di intrattenere le persone senza sollevare questioni scomode o prendere parola sulle ambiguità delle società democratiche, ho sentito il bisogno di affrontare una tragedia che per i più è notizia fruita distrattamente; di provare a capire quanto di universale c’è nel dramma palestinese, e nel farlo mi sono subito reso conto che dovevo agire in velocità, senza rimuginare razionalmente la questione, lavorare nell’urgenza poetica e politica."
Un disco intenso ed emozionante, che saremo lieti di presentare dando il bentornato ad un artista, ed una persona, cui ci legano una stima ed un affetto particolare.
Un disco intenso ed emozionante, che saremo lieti di presentare dando il bentornato ad un artista, ed una persona, cui ci legano una stima ed un affetto particolare.
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