Anche questo sabato dedicheremo tutta la puntata, o quasi, alle tante interessanti novità del periodo, accogliendo ben tre graditi ospiti. Vi presenteremo in particolare i nuovi singoli di Simona Norato e Ghemon, e gli album di Raffaele Casarano (feat. Danno del Colle der Fomento), Speaker Cenzou, Belize e Minor Swing Quintet.
Venendo agli ospiti, avremo in primo luogo il ritorno dei nostri collegamenti internazionali, confermando la bella novità degli scorsi mesi: da Trieste sarà con noi la storica coppia di Radio e Tele Capodistria, The Russos. Elisa e Ricky ci parleranno di due recenti reunion, quella in studio dei Ritmo Tribale e quella live dei Prozac+ (nonché del singolo benefico dei Sick Tamburo).
L'intervista della settimana sarà dedicata ad un nuovo progetto che riunisce però tre musicisti ben noti dalle nostre parti, Stefano Ghittoni (The Dining Rooms), Bruno Dorella (Ronin) e Francesco Giampaoli (Sacri Cuori).
I tre si conoscevano da tempo, ma la scusa per lavorare insieme è arrivata con l'ultimo album dei Dining Rooms, per il quale il primo ha chiesto agli altri due una collaborazione; da lì è nata l'idea di un lavoro a tre, in cui unire le visioni dei musicisti caratterizzate dalla fascinazione per la musica da film. Le otto tracce che compongono il disco hanno avuto una gestazione abbastanza lunga, circa due anni, durante i quali Ghittoni ha proposto le sue idee di partenza, già fortemente permeate del suo immaginario di elettronica vintage, che sono state sviluppate insieme da Dorella e Giampaoli; un processo molto stimolante che ha sorpreso e divertito entrambi, facendo emergere l’attitudine exotica di Giampaoli e quella più spigolosa di Dorella, accomunate dalla fascinazione per le atmosfere lynchiane.
Non era facile dare un'identità estetica al progetto: la volontà era, da un lato, quella di dare un'immagine ironica e un po' retrò dei tre "professionisti" (da qui il nome, GDG Modern Trio), ma di fatto, il progetto è spesso gioiosamente scappato di mano, accumulando ritardi legati ai vari impegni dei tre, alternati a momenti di esaltazione creativa che li ha fatti perdere in "territori sconosciuti". Da qui l’idea di Spazio 1918, un Retrofuturo, in cui l'elettronica ha un sapore vintage, la musica di bassi e chitarre ha una ritmica elettronica e dove le certezze di chi suona si adattano ai mutamenti inattesi di alcune delle menti più fertili in circolazione da molti anni nel panorama indipendente.
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